I luoghi
Il Sud
Chenini e la zona degli ksour
Cartagine
Bulla Regia e Dougga


Itinerario
1. giorno: Zarzis, Gabes, Douz, Zafrane (pernottamento a Douz)
2. giorno Oasi di montagna (Chebika e Tamerza), oasi di Degache, Tozeur, lago salato di Chott el Jerid e rientro a Zarzis.
mezzo di trasporto: escursione organizzata

Primo giorno: breve sosta a Gabes con visita al mercato e breve sosta su un punto panoramico da dove si aveva un bel panorama dall’alto dell’oasi, proseguimento verso Douz (con sosta per il pranzo lungo il tragitto). Arrivo in albergo a Douz verso le 3 del pomeriggio, assegnazione delle camere.
Verso le cinque del pomeriggio siamo partiti per Zaafrane, oasi ai bordi del deserto. Da lì l’immensa distesa di dune bianchissime mi ha dato un’emozione fortissima, una bellissima sensazione di pace. Abbiamo fatto una bella cavalcata a dorso di dromedario, verso sud, finchè intorno non si vedeva che la distesa bianchissima delle dune. E’ stata un’esperienza indimenticabile.
Alla sera breve sosta nel souk di Douz. Rientro in albergo per la cena e pernottamento.
Secondo giorno: sveglia alle 3 e mezzo!!, colazione alle 4 e partenza alle 4.30. Abbiamo attraversato il Chott el Jerid prima dell’alba e poi in fuoristrada ci siamo recati alle oasi di montagna Chebika e Tamerza. Purtroppo il tempo a disposizione in queste due oasi è stato troppo breve.
Chebika
Chebika: costruita a mezza costa del monte in un territorio aspro quasi al confine con l’Algeria, fu fondata dai romani come avamposto a guardia del Limes tripolitanus. I romani la chiamarono Ad Speculum, perché qui erano piazzati grandi specchi con i quali segnalavano eventuali pericoli alle guarnigioni più lontane. L’antico abitato a ridosso di alcune gole è stato ormai abbandonato. Da qui inizia una passeggiata tra alte pareti di roccia, che costeggia il corso d’acqua e alcune piccole cascate. La zona è interessante dal punto di viste geologico: numerosi sono i fossili di conchiglie incastonati nelle rocce e visibili dal sentiero, come pure numerosi sono i geodi, che si possono trovare.
Tamerza
Tamerza: anche l’abitato di Tamerza è molto scenografico. Il palmeto occupa una vasta conca e al suo limitare c’è una bella cascata. Più a valle la montagna è incisa da alte gole. Anche Tamerza ha origini romane.

Dopo le oasi di montagna abbiamo fatto un interessante giro in calesse all’interno dell’oasi di Degache, dove ci sono stati illustrati i metodi di coltivazione e di irrigazione e dove abbiamo goduto di un po’ di frescura. La tappa successiva è stata Tozeur, città dall’atmosfera magica.
Tozeur
Tozeur è una città antica, che si sviluppò come principale stazione commerciale della Tunisia meridionale, al margine dell’enorme oasi di circa 200.000 palme. La parte antica, il quartiere Ouled ed Hadef che risale al XIV secolo, è un vero gioiello con i suoi vicoli stretti e con le case, sulle cui facciate i disegni a rilievo formati con i mattoni fatti a mano, in modo tradizionale, sembrano merletti. Questa tecnica decorativa a rilievo è caratteristica di Tozeur e di Nefta e probabilmente è stata portata dal medio oriente dagli invasori arabi. Caratteristiche sono anche le porte d’ingresso a tre battenti di legno di palma, ancora esistenti in qualche casa: un battente per gli uomini, uno per le donne, uno per i bambini. Interessante anche il museo delle tradizioni popolari di Dar Charait.
Chott el Jerid
Chott el Jerid: Sulla via del ritorno ci siamo fermati per una breve sosta sul lago salato Chott el Jerid, dal paesaggio piatto e quasi bianco interrotto qua e la da qualche pozza d’acqua dalle sfumature colorate (rosa, verde pastello, azzurro) dovute ai sali minerali. Le sue dimensioni sono ragguardevoli, quasi 5.000 kmq. Per gran parte dell’anno è asciutto e la sua superficie, percorsa da numerose crepe, luccica sotto i raggi del sole e dà vita a frequenti fenomeni ottici: i miraggi. Solo nel periodo delle piogge si ricopre di un sottile velo d’acqua. Si resta un po’ smarriti di fronte a questo paesaggio surreale, a questa piatta distesa accecante formata da innumerevoli cristalli di cloruro di sodio, il sale che comunemente usiamo in cucina, ma che qui si modella in lastre sottili o in blocchi che plasmano micropaesaggi dall’aspetto irreale.

L’ultima sosta dell’escursione è stata fatta per il pranzo lungo il tragitto verso Zarzis, dove siamo arrivati in prima serata.

Conclusioni: Si tratta di un’escursione un po’ stancante, sia per la levataccia sia per il caldo pazzesco (a Tozeur c’erano 40–41 gradi, ma la guida ci raccontò che la settimana precedente le temperature sfioravano quasi i 50°), ma la consiglio vivamente a tutti coloro che soggiornano a Jerba o Zarzis, per i luoghi straordinari che vengono visitati, anche se la visita è un po’ frettolosa. Sarebbe meglio poter dedicare a questo itinerario un paio di giorni in più.

La palma da dattero

La Palma da dattero (Phoenix dactylifera  L.) è una pianta molto adattabile e si è adattata perfettamente anche al difficile clima del Sahara. Sopporta ogni suolo e ogni tipo di acqua, perfino quella un po’ salmastra. Resiste ai frequenti rigori invernali e non teme il caldo ardente dell’estate, quando la temperatura all’ombra può sfiorare i 50° e le foglie esposte al sole si riscaldano ancora di più. E’ alla palma da dattero che si deve l’esistenza delle oasi.

La palma da dattero ha un tronco molto slanciato, alto oltre i 20 m, vistosamente coperto dai resti delle guaine delle foglie cadute. Le foglie, riunite in un numero massimo di 20-30 sono lunghe fino a 6 m. E’ una pianta dioica, cioè esistono esemplari che producono solo fiori maschili ed esemplari che producono solo quelli femminili.

Per maturare i suoi frutti hanno bisogno che per parecchi mesi la temperatura salga ogni giorno sopra i 40°. Le palme vengono impollinate artificialmente ogni anno in aprile e in giugno, e il frutto viene raccolto a mano in inverno. Quando iniziano a maturare, i frutti vengono riparati con sacchetti di nylon per proteggerli dagli uccelli. Ogni palma produce da 100 a 150 kg di datteri l’anno. Ci sono più di 100 varietà di palme da dattero. Quelle che danno i datteri più pregiati sono i deglat en nour (dita di luce), così chiamati perché il frutto maturo diventa semitrasparente.