Il nome arabo Sahara significa il Grande Vuoto, ma in ere geologiche
passate, quello che è poi diventato il Sahara aveva tutt'altro
aspetto.
Fino al Giurassico, il Sahara era sommerso dalle acque degli oceani,
poi il progressivo innalzamento del plateau nordafricano lo fece
emergere definitivamente dalle acque. A testinomianza di
ciò rimangono i numerosi chott
- laghi salati - e numerosi fossili di conchiglie.
Un clima favorevole ha forse accompagnato l'arrivo, dall'Africa
orientale, dei nostri primi antenati - l'homo habilis prima, ed erectus successivamente. Infatti
numerose testimonianze fossili e graffiti narrano di un Sahara percorso
da numerosi corsi d'acqua, coperto da paludi, savane e foreste e
popolato da elefanti, rinoceronti, bufali, giraffe, gazzelle. La
profonda trasformazione è iniziata alla fine della glaciazione
di Wurm, 12.000 anni fa, con la progressiva e inarrestabile
desertificazione. La grande fauna e la vegetazione scomparvero,
lasciando il deserto agli attuali padroni incontrastati: il vento e la
sabbia.
Nel
Sahara si possono identificare diversi tipi di paesaggio: l' hamada,
deserto di roccia nuda, erosa dai venti in forme bizzarre, il serir,
formato da uno strato di ciottoli e ghiaia e l' erg, il deserto
sabbioso, nel Sahara centrale, formato dalle caratteristiche dune di
sabbia. In Tunisia sono presenti tutte e tre queste forme di deserto.
Sono assenti i corsi d'acqua e l'idrografia è rappresentata da
una rete di valli disseccate e di fiumi fossili, nei quali scorre
l'acqua solo in caso di piogge eccezionalmente abbondanti. Ricca
è invece la circolazione sotterranea alimentata da numerose
falde poste a diverse profondità che consentono la sopravvivenza
della grande maggioranza delle oasi.
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Quando pensiamo alle oasi immaginiamo che siano il frutto
del caso, scaturite spontaneamente dove c'è una minima presenza
di acqua, che si tratti cioè di regali della natura, elementi
spontanei e casuali. Niente di più sbagliato. In realtà,
queste incredibili isole tra le sabbie sono il risultato di un progetto
raffinato, di una geniale organizzazione dello spazio e delle risorse
idriche e del duro lavoro di generazioni di uomini. Sono un'opera
straordinaria, realizzata seguendo tradizioni, conoscenze antichissime
e tecniche di irrigazione sofisticate e precise.
Le palme da dattero sono alberi esigenti che richiedono cure
continue, i canali di irrigazione devono essere tenuti in perfetta
efficienza e l'oasi va costantemente difesa dalla sabbia portata dai
venti. Inoltre, per assicurare un buon raccolto, le palme da dattero
vengono impollinate a mano, una ad una. Le oasi sono caratterizzate da
coltivazioni su più livelli: l'ombra delle palme da dattero crea
un microclima che consente la coltivazione di alberi da frutto, come ad
esempio fichi, mandorli, melograni, banane e di ortaggi di vario
genere, cereali, hennè.
L'oasi di Tozeur è un esempio mirabile di questo
straordinario lavoro dell'uomo. L'oasi copre circa 10 kmq e comprende
quasi 200.000 palme da dattero. Il complesso sistema di irrigazione si
deve a Ibn Chabbat (XIII sec.). Lo alimentano 200 sorgenti, la cui
acqua
è convogliata in canali di scolo, detti seguias, e controllata da una serie
di chiuse. Questo sistema consente l'equa distribuzione dell'acqua tra
gli appezzamenti senza sprecare questa risorsa preziosissima.
La crescente richiesta idrica dovuta allo sviluppo turistico
ha fatto scendere il livello delle falde acquifere e molte sorgenti si
sono già prosciugate, mettendo in serio pericolo la
sopravvivenza del fragile equilibrio idrico delle oasi. Per ovviare a
tutto ciò si scavano pozzi a profondità sempre maggiori
(fino a oltre 2.000 m). L'acqua che ne scaturisce è acqua
caldissima (anche oltre 70°), che non può quindi essere
usata direttamente per l'irrigazione, senza essere prima raffreddata.
Il raffreddamento avviene per convezione, in caratteristici canali
concentrici.
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La zona mediana della
Tunisia, al margine settentrionale
delle aree sahariane, è caratterizzata da tutta una serie di
aree depresse con
quote anche inferiori al livello del mare: è l’area dei chott, che dal golfo di
Gabes arriva fino al confine con l’Algeria.
I chott sono laghi salati, che hanno
avuto origine circa 6
milioni di anni fa, quando il mare abbandonò queste terre,
lasciando dietro di sé
ingenti depositi salini.
Offrono un paesaggio del
tutto particolare: sono distese piatte e
quasi bianche,
formate da miliardi di cristalli di sale, interrotte qua e là da
qualche pozza
d’acqua dalle sfumature colorate. Sono
inoltre il
regno dei miraggi, provocati dalla rifrazione della luce attraverso
strati d’aria
di diversa densità.
Essendo
posti a quote molto basse (a volte a quote inferiori al
livello del mare), i chott
fungono da bacini di raccolta delle scarse acque di
precipitazione e nella
stagione piovosa si ricoprono di un sottile velo d’acqua.
I sali che
costituiscono i chott
sono principalmente sali clorurati, quindi sali di sodio, potassio,
manganese
ed altro. E ai diversi sali, ed alle impurità in essi contenute,
si devono le
colorazioni pastello delle pozze d’acqua che qua è la
punteggiano la superficie
dei chott: rosa, azzurro, verde chiaro. Ad ogni sale
corrispondono colorazioni diverse, ad esempio il cloruro di potassio
(silvite) può assumere un colore rossastro o violetto.
Come e quando
si sono formati
Anticamente, quella che
attualmente è la fascia dei chott,
era sommersa dal Mediterraneo e questi
bacini sono ciò che ne rimane.
L'origine
della depressione è
da far risalire ad un fenomeno geologico noto con il nome di "Crisi di
Salinità del Messiniano": circa 6,3
milioni di anni fa gli spostamenti della zolla africana
contro quella eurasiatica interruppero il collegamento, attraverso
lo stretto di Gibilterra, tra il Mediterraneo e l’oceano Atlantico. La
conseguenza fu il
prosciugamento quasi totale del Mediterraneo.
Quando,
nel Pliocene, un
milione di anni più tardi, si ristabilirono i collegamenti con
l’oceano
Atlantico, e il Mediterraneo tornò ad essere un mare, parte
delle aree nord
africane rimase comunque emersa. E' in queste aree che si trovano i chott.
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